martedì 2 settembre 2014

ancora sull'origine dell'uomo

Riflessioni senza pretese. Da quanto esiste l'uomo: da 3 milioni di anni o da 200.000 anni? Ossia è già uomo l'Homo abilis, o almeno l'Homo erectus, o bisogna aspettare l'Homo sapiens per parlare di uomo?
Pare che già l'Homo abilis forgiasse primitivi strumenti di pietra, una certa organizzazione del territorio e la domesticazione del fuoco vengono da alcuni attribuite all'Homo erectus. Alla domesticazione del fuoco pare si debba associare la pratica della cottura del cibo, che avrebbe favorito una riduzione della robustezza dell'apparato masticatore, perché i cibi cotti (in particolare la carne cotta, rispetto a quella cruda) richiedono meno sforzo. Non ci sentiamo di escludere che la vita sociale, a quanto pare piuttosto intensa che caratterizza tutto il genere Homo abbia visto un progressivo sviluppo di forme di fonazione più evolute e articolate di quelle di altri animali.
 Noi però propendiamo a pensare che l'uomo appare solo con Homo sapiens (neanderthalensis o sapiens), e una caratteristica documentabile che lo contraddistingue sia la sepoltura dei morti e una capacità di simbolizzazione (si vedano i dipinti parietali). Perché pensiamo questo?
 Perché ci pare impossibile che l'uomo sia rimasto sostanzialmente fermo per tre milioni, o due milioni e mezzo di anni, non imparando quasi niente dal tempo che passava. Tra gli ominidi e l'uomo c'è un punto di discontinuità, non scientificamente argomentabile, ma postulabile con certezza dal punto di vista filosofico-teologico: il momento in cui il Creatore della realtà ha infuso l'anima (a degli embrioni di ominidi). Prima c'erano solo degli animali, per quanto molto più evoluti di altri, poi l'uomo, vertice e senso della natura, immagine e simiglianza di Dio, chiamato, in Cristo, a diventare Dio per partecipazione.

Nessun commento:

Posta un commento