domenica 12 aprile 2020

oggettività

Scrivevo, credo nel 2009: «Oggettività della natura, mentre nella cultura soggettivistica moderna conta quello che uno sente.

Natura: due sono sposati: è oggettivo. Che tu lo senta o no. Invece: “non mi sento più”. E allora “non sono più”. Sono quello che sento. Se non sento, non sono.

Natura: uno è consacrato: può non sentirsi. Non per questo non è (“ha sentito venir meno la vocazione”). Oggettività della natura.

Natura: uno è autorità (un maestro); uno è padre; uno è figlio: “ma non lo sento” come autorità, o come padre, o come figlio. Ma lo è. Se lo è, lo è. Oggettivamente. Per natura. Poi, certo, può esserlo più o meno bene, più o meno riuscitamente, più o meno gradevolmente. Ma intanto lo è.

Una donna è incita: porta in sé oggettivamente un figlio. “Ma non lo sento come mio”. “Non lo voglio”. “Non lo interiorizzo”. Ma intanto è un essere umano. Tuo figlio. Ti piaccia o no. Lo senta o no.

Esiste una esagerazione nell’attribuire importanza alla natura? Il caso Eluana ne sarebbe documentazione? In realtà spirito e materia non sono separati, e meno si agisce pensandoli separati meglio è. Non è che un handicappato fisico non possa essere un grande scienziato.»

Oggi correggerei un po’ il tiro: è vero che l’oggettività c’è, ma è anche vero a) che riconoscerla non è meccanico, il tempo ci è dato per crescere e capire meglio cose che prima non capivamo (non le capivamo esistenzialmente, almeno), per questo occorre essere magnanimi con chi pensiamo non capisca quello che per noi è (diventato) chiaro. Ecco se è diventato chiaro, vuol dire che non lo era fin dall’inizio, non lo era per noi, significa che per noi stessi non lo è sempre stato. Dunque come il Mistero è stato paziente con noi, così noi dobbiamo esserlo con gli altri.

b) Non solo, ma non è detto che adesso abbiamo capito tutto; crederlo è causa di violenza. Non solo perché potremmo spazientirci ingiustamente con chi non è ancora arrivato alla verità, ma anche perché non è detto che tutto quello che noi oggi pensiamo sia vero lo sia davvero. Lo sia fino in fondo e senza distinzioni/aggiunte/precisazioni che potranno sopravvenire in futuro. La storia è piena di errori fatti da gente che credeva di possedere la verità: Cristo è stato condannato e crocifisso da gente che pensava di avere capito tutto e che non ci fosse più niente da imparare. Non è che non ci siano verità stabili. I dogmi ci sono. E sono immutabili. Ma la nostra comprensione di essi può crescere nella storia, nel tempo. Anche perché non ci sono, con buona pace di Wittgenstein e di Russell, verità atomiche o fatti atomici: ogni particolare acquista il suo pieno significato in rapporto con la totalità.



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