lunedì 14 febbraio 2022

la crisi ucraina

Che la Russia abbia ragione di sentirsi militarmente minacciata, così da poter parlare sensatamente di problemi di sicurezza, è inverosimile: la NATO non la attaccherebbe mai. Se non altro perché la Russia dispone di armi atomiche. Il fatto che la NATO si sia espansa ad Est, in paesi che facevano parte del patto di Varsavia, non è la premessa ad una invasione americana della Russia, ma è frutto di una libera scelta dei governi democraticamente eletti di quei paesi, che, evidentemente, non si sentono sicuri di un vicino potente come la Russia, che in passato ha invaso Ungheria, Cecoslovacchia, Afganistan, e ha costretto la Polonia ad auto-invadersi. È vero che la Russia non è più comunista, ma bisogna vedere se il lupo abbia cambiato anche il vizio, oltre che il pelo. In ogni caso Putin è un ex-KGB, che ha dimostrato il più totale disprezzo per le regole costituzionali che la stessa Russia post-comunista si era data, facendosi rieleggere più e più volte, in barba a tali regole; inoltre la oligarchia di ultra-ricchi, a cui egli è funzionale, è in gran parte formata da ex-dirigenti comunisti riciclatisi (come lo è Putin). In generale la Russia è ben lontana dall’essere un paese democratico: il fatto che il principale oppositore dell’autocrate sia stato prima avvelenato, e poi arbitrariamente incarcerato, dice di un cinismo e di una prepotenza sfacciati. Del resto anche l’alleato bielorusso di Putin, che fa dirottare un aereo occidentale per sbattere in galera un suo oppositore, dice di una spregiudicatezza che nulla ha a che vedere con la democrazia e il rispetto dei diritti. Quindi i paesi confinanti hanno ottimi motivi per temere un Paese del genere. E chiedere perciò di essere protetti dalla NATO. Senza che ciò debba essere letto come una minacciosa volontà aggressivamente espansionistica dell’Occidente.

Tuttavia delle colpe l’Occidente le ha. Penso soprattutto all’intervento con cui la NATO strappò alla Serbia il Kossovo. Ora, se la Russia strappasse all’Ucraina il Donbass, abitato da russofoni che vogliono stare con Mosca piuttosto che una Kiev che si legasse all’Occidente, non farebbe un errore più grande di quello degli USA e degli altri paesi occidentali, che hanno strappato il Kossovo alla Serbia. La Serbia era un paese sovrano, né più né meno di quanto non lo sia oggi l’Ucraina, e la minoranza russofona del Donbass non merita di essere tutelata di meno della minoranza albanese del Kossovo (minoranza, dico, finché il Kossovo restava unito alla Serbia). Se la Russia attaccherà l’Ucraina senza autorizzazione dell’ONU farà qualcosa che gli americani hanno già fatto con la Serbia, stato sovrano che venne da loro bombardato senza alcuna autorizzazione delle Nazioni Unite. Con questo non sto dicendo che la Russia farebbe bene a invadere il Donbass, sto solo dicendo che ha cominciato l’Occidente con questa linea di unilateralismo.

Per fermare l’attacco militare all’Ucraina, i russi chiedono assicurazioni che l’Ucraina non entrerà a far parte della NATO. Ora da un lato questo è ingiusto: perché se il governo democraticamente eletto di un paese sovrano chiede liberamente di entrare a far parte di un organismo internazionale, è una ingiustizia impedirglielo. Tuttavia, d’altro lato, si tratta di qualcosa che è già successo, con la Finlandia e l’Austria, dopo la 2a guerra mondiale: tali stati non potevano entrare nella NATO. Ora, piuttosto che una guerra, sarebbe meglio, a mio avviso, accettare (almeno temporaneamente) questa richiesta della Russia, che per quanto attualmente retta da un regime semidittatoriale, non è paragonabile alla Germania di fine anni ’30. Per cui tale concessione non sarebbe una “nuova Monaco”, ma un cedimento tattico, a cui dovrebbe seguire uno sforzo per riallacciare rapporti più distesi con Mosca, ma soprattutto con il popolo russo, aiutando la Russia a evolversi in senso democratico e a liberarsi sempre di più dell’incantesimo che ne incatena gran parte della popolazione al suo pifferaio magico. In questo senso l’Occidente deve capire che nei paesi dell’est-Europa l’appartenenza etnico-nazionale ha, per tradizione, un peso ben maggiore di quanto abbia negli individualistici paesi occidentali: il dialogo, necessario qui, come altrove e sempre, richiede il massimo sforzo di capire il punto di vista dell’altro.



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